 
   
perché le parole non siano ancora
solo parole 
  
perché il tempo destinato ogni giorno 
non sia ancora il tempo 
  
in cui sia poco 
il realizzato e perché cambino davvero 
  
anche il modo e la motivazione 
di dirlo 
  
perché dal risveglio alle prime avvisaglie 
del sonno una sola sia 
la naturale propensione 
  
  
lo dicevo a giulia ieri 
al cinese 
quest’anno è passato leggero 
leggero come vorrei 
la morte fosse appunto 
  
passaggio 
  
ad altra leggerezza 
  
quest’anno ha qualcosa del cielo 
  
e dunque 
al dunque si tratta 
ancora della capacità 
di amare 
  
(e dimenticare) 
  
e davvero non c’era nulla 
da portare 
sulla soglia 
a dimostrazione che qualcosa c’era stato 
o come si dice qualcosa 
abbiamo fatto e costruito e non siamo 
passati invano 
  
l’inganno è in quell’intendere 
il passare 
(cosa passa cosa no quando poi 
si sa che tutto ma proprio tutto 
passa 
se mai la domanda è chi 
 e come 
e in mezzo a che 
passa) 
  
  
di più c’è consapevolezza 
del male  
(ma non ancora 
accettazione) 
  
perché gli atti bruciano 
come carcasse 
di passate intenzioni e cadono 
giù 
a ferraglia 
  
si compie oggi ciò che un passato 
lungo quanto l’occhio con disattenzione 
e arroganza ha preparato 
e non solo la personale cecità 
che ha chiamato proprio 
destino 
la banale chiusura 
del cuore 
ma anche l’iscrizione 
nel cuore 
della cellula 
di ciò che la specie e il gruppo 
hanno costruito e distrutto nella paura 
e nell’allucinazione    
  ** 
quest’anno ha qualcosa del cielo 
e non perché sia stato volo 
e luce   
(come ieri che ero uscito 
per prendere aria e sono rientrato 
subito 
per incidente sotto 
casa e oggi 
mi telefona sorella del motociclista 
in coma 
chiedendo se ho visto 
di chi è la colpa)     
si passa la vita a non pensare 
che la vita finisce   
e quel mancato pensiero 
indurisce il cuore 
e fa moltiplicare i codici 
che separano ridicole  
le cose 
dalle parole   
quest’anno ha qualcosa del cielo   
(deve esserci peso 
anche nell’aria 
o anche terra che fa cielo 
e luce dentro la terra)     
(lo dicevo stretto stretto 
via e-mail a giuliano: non si tratta 
di assistere 
al naufragio: è che i topi 
sul vascello 
non possono dare senso 
alla storia 
ma tenersi stretti 
mentre rotolano nel buio 
e nel fragore 
passarsi un brivido da pelle 
a lucida pelle 
prima del tonfo 
questo si, questo è per ognuno 
possibile)   
  ** 
  (dopo tre anni la voce 
è ancora troppo grossa 
  
e il blababla oscura 
la mancata estromissione 
  
di orgoglio 
e vanagloria) 
  
  
perché le parole non siano ancora 
solo parole 
  
perché vi sia fervore 
e nell’ordinario devozione 
  
  
e qui s’interrompe stesura di poesia 
perché anche speranza vuole concretezza e la più alta 
aspirazione per noi e per gli altri che conosciamo o che possiamo 
solo immaginare in carne 
e affanno 
deve avere realismo 
  
che non è volare basso ma aver mostrato 
senza esibizione che la pace chiesta per gli altri 
siano giorni 
per sé 
e non per esempio come ieri al parco 
alla signora che si lamentava dell’ingratitudine 
altrui senza gentilezza 
dirle che sua disponibilità 
ai casi altrui non era autentica 
  
intanto parliamo per rassicurarci come diceva giulia 
e si scrive anche una parola che non si è 
o non si è ancora 
  
e le si gira 
intorno come se da parola venisse 
significazione 
  
e non da qualità dell’intenzione   
  
come se da parola venisse 
significazione 
  
e non da qualità 
dell’intenzione 
  
perché le parole non siano ancora 
solo parole 
  
perché vi sia fervore 
e nell’ordinario devozione 
  
perché dal risveglio alle prime avvisaglie 
del sonno una sola 
  
sia la naturale propensione 
  
perché la voce si assottigli 
  
perché le parole non siano ancora 
solo parole 
  
continua la poesia 
continuala pure 
senza parole 
  - Biagio Cepollaro, nato a Napoli nel 1959, vive a Milano. Dopo un iniziale apprendistato (Le parole di Eliodora,Forlì,1984)presso la rivista Altri Termini di Napoli, diretta da F. Cavallo all’insegna del rinnovamento delle esperienze sperimentali degli anni ’70, si è dedicato, a partire dal 1985, alla stesura di una trilogia dal titolo ‘De requie et Natura’ che lo ha impegnato fino al 1997. Dal 2003 si dedica alla creazione di piccole sculture, utilizzando materiale povero come fil di ferro, cartone, argilla rossa, plastica.