Il clandestino
Avicenna, 2004
Euro 10,00
"I protagonisti di questo romanzo non sono esseri umani: sono il passato e il presente. Casablanca è il passato, la memoria che si impone al presente. Le voci narranti sono quelle del tempo. Evocano un sogno da cui non è possibil?e sottrarsi, perché il destino è più forte della volontà. Gli uomini, come comparse, recitano la commedia della vita: Fatima possiede un nome che le è stato imposto come le violenze patite. Mustafa, che odia il padre, viene addestrato ad uccidere. Il loro viaggio porta dall'inferno al paradiso e dal paradiso all'inferno e a guidarli è Carla, simbolo dell'Occidente, in un percorso che ha la circolarità del destino e del tempo." (Dalla quarta di copertina)
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Introduzione
di Salvatore Di Marco
Eravamo in Bagheria.
Il professore Natale Tedesco dell'Università di Palermo e io con tutti gli altri componenti la commissione giudicatrice d'un premio letterario al suo esordio, a buon motivo sfiduciati sul dignitoso esito della difficoltosa selezione alla quale stavamo lavorando. Cosa, del resto, consueta in frangenti del genere. Senonché l'attenzione generale si port? su di un "trittico di liriche" di un autore dal nome esotico, un poeta che nessuno di noi conosceva.
Alla lettura dei testi, che rinfrancati replicammo, si conven? che eravamo davanti a poesie evidentemente fuori dagli stilemi consueti della lirica novecentesca italiana ed europea, comunque occidentale. E tuttavia quelle poesie, che reclamavano a loro volta una istantanea revisione dei nostri codici di interpretazione critica, ci apparivano interessanti. Una di queste intitolata Il sole degli arabi ha un "incipit" quasi felpato, accorto e promettente:
Ho lasciato la mia terra
e il mio viaggio è senza fine non mi volgo indietro
il sole degli arabi mi accecherebbe
Il poeta narra nel suo "trittico" storie di dolore, di fughe senza speranza dalla terra dei padri, di profonde lacerazioni che la lontananza provoca nell'ordito degli ancestrali affetti dell'uomo per le persone e i luoghi, ed evoca suggestioni, inusitate metafore, immagini, figurazioni liriche, malinconie, proponendo nel contempo linguaggi e cadenze di buona fattura creativa.
Il canto sofferto dell'emigrazione africana che, soddisfatto nella sintassi letteraria, non solo recuperava partecipazioni dell'anima alle sofferenze d'un popoio, ma rievocava pure patimenti uguali che il popolo siciliano ha sofferto e ancora noh ha riscattato e piange davanti al mondo.
Per la cronaca, quelle poesie ebbero il primo premio senza tentennamenti né ostacoli. Il poeta si chiamava Mohammed Lamsuni, marocchino in Italia, impeccabile nell'uso anche letterario della nostra lingua nazionale.
Chiusa cos? la vicenda di quel concorso di poesia, e deluso perché Lamsuni, impedito da ragioni di salute in quel momento, non venne in Sicilia a ritirare il premio, volli saperne di più del poeta, della sua vita, delle sue opere. Ora ho appena terminato di leggere un suo romanzo (che mi ha da poco mandato in regalo) Il clandestino di cui dir? qualcosa più avanti.
Una sua silloge di racconti Porta Palazzo mon amour è in corso di stampa, ho una scheda bibliografica e una piccola raccolta di giudizi della critica italiana: insomma uno scrittore da non trascurare, dal quale sarà bene non distrarsi. Mohammed Lamsuni è nato nel 1950 a Casablanca in Marocco dove all'età di sedici anni pubblic? i suoi primi versi e le sue esordienti prove narrative. Spirito irrequieto e anticonformista, a vent'anni fu costretto a sperimentare l'esilio e quindi emigr? in Francia dove lavor? come operaio mentre studiava a Tours letteratura e psicologia. Nel 1982 è ancora nella sua Casablanca dove insegna al liceo "Taha Hussein". Studia il marxismo, le letterature moderne, la storia contemporanea, mentre la sua attività letteraria suscita vieppiù l'interesse della critica e dei lettori. Per?, come è detto in una sua scheda biografica, "è costretto ad un secondo esilio, dopo la tempestosa collaborazione con numerosi quotidiani e riviste in Marocco e all'estero, tra cui "Le message de la Nation".
Dal 1990 si è trasferito in Italia e si è fermato a Torino (tra gli immigrati della zona di Porta Palazzo) dopo avere adottato l'italiano sia come lingua della sua attività letteraria che come meezzo di espressione delle lotte sociali che intraprende in difesa degli arabi emigrati, degli africani e della gente di colore per il riconoscimento dei loro più elementari diritti umani. Non quindi uno scrittore che si conserva immacolato all'interno dei recinti della propria scrivania, ma un intellettuale che trasferisce nella poesia le scommesse della storia e nella vita le scommesse della letteratura. Più d'una volta il quotidiano "La Stampa" di Torino s'è occupato di lui. Nella edizione del 26 luglio 2002, recensendo il suo romanzo già citato Il clandestino (Edizioni l'Harmattan, Torino 2002), si dice: "Mohammed Lamsuni è un professore di francese. [...] E' un poeta-filosofo, un seguace di Edgar Morin [...].Un musulmano laico che mette a nudo le ipocrisie della sua religione. Uno che fra una traduzione e un volantino polemico, naviga tra le emarginazioni e le integrazioni difficili degli arabi di Porta Palazzo". Scrive, a sua volta, il poeta, nella ricordata lirica
Il sole degli arabi:
Mio padre conobbe una guerra non sua ma io non conosco la mia
cerco l'albero del pane
tra edifici che sembrano caserme contese dal ferro e dal cemento e che si specchiano
nel limaccioso corpo del serpente
che separa colline con le sue acque [torbide
dal volto della città che muta la sua pelle.
E ancora "La Stampa" del 24 maggio 2003 dice del nostro autore marocchino: "E' un intellettuale puro, un ribelle che paga con la lontananza l'impossibilità di tacere le proprie idee. A Porta Palazzo Lamsuni è un riferimento. Ma io è in generale per chiunque desideri comprendere il perché di certe tensioni o di certi atteggiamenti nella comunità islamica". E viene definito "Il poeta dell'emigrazione".
C'era un tempo in cui - e non lontano - gli emigrati senza lavoro in terra patria e senza più alcuna speranza, dall'Italia meridionale dilagavano nei grandi centri del Nord e dell 'Europa, vittime dell'emarginazione più discriminante. A Torino si leggevano normal-mente su molti portoni cartelli "Non si affittano camere a meridionali". E anche terre come la Sicilia o la Calabria hanno avuto i loro "poeti dell'emigrazione". Dobbiamo forse ricordare scrittori come Rocco Scotellaro o come Carlo Levi o Danilo Dolci, o registi come Pietro Germi, Vittorio De Sica?
Una personalità complessa e irrequieta quella dello scrittore Mohammed Lamsuni, fondamentalmente scomoda, come s'usa dire con un aggettivo abusato: e tutto questo si riflette in modo netto nelle sue poesie e soprattutto nel suo ultimo romanzo Il clandestino. La prima impressione è che si tratti di un testo narrativo forte e drammatico, con pagine di intensa liricità a cui ne seguono altre (mi riferisco agli ultimi capitoli) segnate da conclusivi eventi crudi e spietati. L'autore segue il doppio registro, quello della prosa narrante e quello della poesia, senza mostrare forzature o cedimenti nella orditura del testo.Alla superficie il romanzo narra le sofferenze degli immigrati (penso a Mustafa, a Fatima e a figure minori) e debbo dire che mancava in Italia una voce che provenisse da quell'area sociale e antropologica. Naturalmente d? qui come risolto positivamente il quesito se Il clandestino, romanzo pensato e scritto in lingua italiana, pubblicato in Italia per lettori italiani - anche italiani - sia da inscrivere nella narrativa italiana dei nostri giorni.
Anche se altrettanto buone ragioni stanno a sostegno della tesi che questo romanzo, e tutto il resto di Lamsuni appartenga alla letteratura arabo-musulmana.
Ma è chiaro, a lettura ultimata, che ci troviamo davanti ad una sorta di metafora del reale, di un suo allegorico affresco, con archetipi che per? assumono valenze generali, al di là del tempo e della storia, nonostante il forte realismo che connota il libro.
In sostanza, il romanzo non è un vessillo della realtà anche se ne denuncia le più aspre storture. Non si sfugge all'impressione che l'autore abbia tratto materia per le sue narrazioni da fonti autobiografiche, dalla sua esperienza vissuta tra gli immigrati in Francia e in Italia, coniugate per? da una vocazione di trasfigurazione e di superamento per andare alla radice delle cose e delle idee.
Il clandestino, sia detto in breve, è la storia di un marocchino che viene in Italia dove, capitato a lavorare nella grande villa di una donna bella e ricca che ha nome Carla, lesbica e corrotta, ma proclamatasi "madre" di Mustafà il clandestino, si trasforma (attraverso varie vicissitudini sempre più coinvolgenti), da poveraccio, in un boss della malavita torinese. Mustafà perde i propri connotati sociali e diviene Stefano, vigoroso
e fedele braccio del malaffare. Con la morte tragica di Carla in una sparatoria infernale, anche Stefano si dissolve come realtà psicologica rivelando tutta la precarietà della metamorfosi, e il protagonista ritorna ad essere Mustafa di Casablanca. E pu? riunirsi alla donna che ama, Fatima, la quale si riscatta dalla sua dolorosissima storia di fanciulla violentata, stuprata, venduta e quindi prostituita. Cos? come si potrebbe dire che il protagonista del romanzo sia Stefano, ma anche Mustafa, allo stesso modo si ha nel romanzo una ambientazione delle vicende della Torino di Porta Palazzo ("la Mecca degli extracomunitari"), ma in effetti il luogo da cui si parte e a cui si tende, a cui alla fine si ritorna, è Casablanca. Una poetica delle antinomie?
Non proprio, ma certo della duplice categoria: Carla-Fatima, Mustafà-Stefano-Mustafà, povertà-ricchezza, emarginazione-riscatto sociale, Torino-Casablanca.
E' come se l'autore ci volesse dire che ogni verità ha la sua faccia nascosta come la luna vista dalla terra. Quasi pirandellianamente. E' questo il solo riferimento letterario che mi sono concesso insieme agli scrittori neorealisti del secondo Novecento italiano; e altri se ne potrebbero suggerire. E per? Il clandestino non è assimilabile ad alcuna scuola occidentale, se non alla grande lezione della vita e della storia, di cui Mohammed Lamsuni ha saputo farsi cantore fedele e ribelle.
http://www.comune.fe.it/vocidalsilenzio/lamsuniclandestino.htm