Khalèd Najar, nato nel 1949 a Tunisi, è considerato oggi uno dei maggiori poeti in lingua araba della Tunisia (esiste anche una poesia tunisina in lingua francese) benchè sia l’autore di un solo libro, pubblicato a Londra nel 1990 , Poesie per un angelo caduto, ed. Riad. Ha anche fondato nel 1991 una rivista il cui titolo riecheggia quello del grande poema di Edmond Jabès: Le livre des questions, che esce per metà in caratteri arabi e per metà in francese, con la collaborazione del grande poeta arabo Adonis e dei francesi Michel Butor e Lorand Gaspar e presenta ogni volta non solo testi ma anche saggi e dibattiti letterari in cui interagiscono e si confrontano cultura araba e cultura europea , soprattutto della Francia, poiché la Tunisia è tradizionalmente collegata al mondo letterario di quel Paese. E’ inoltre traduttore di St.J.Perse, Lorca, Valery, Ritsos, Ungaretti ,Quasimodo e, fra i francesi contemporanei Michel Deguy, Lorand Gaspar e André Velter. Giornalista, ha collaborato a diversi quotidiani in lingua araba pubblicati a Parigi, a Londra e al Cairo, ha lavorato per l’Unesco e ha scritto reportages da Stati Uniti, Canada, Medio Oriente, Europa, Africa del nord. E’ anche l’autore di numerose interviste con scrittori, tra cui ,Moravia, Ritsos e Mahfouz. Grande viaggiatore, ha pubblicato anche saggi e resoconti di viaggio, come Le solitudini di Coghnawagha sugli indiani d’America. Ha partecipato a numerosi festivals internazionali, sia nel mondo arabo sia in Europa e negli Stati Uniti.
Raffinato conoscitore tanto della tradizione araba antica quanto della cultura occidentale più attuale, è anche un brillante polemista, ma è soprattutto un personaggio insolito, affascinante, ribelle a ogni schema, nomade: un uomo “dalle suole di vento” come Rimbaud, capace insieme di meraviglie infantili, di straordinari entusiasmi e di profonde inquietudini. Tutto questo si rispecchia nei testi , che si muovono molto esplicitamente tra una polarità di luce e una polarità d’ombra,e in cui la solitudine viene insieme ricercata e fuggita. La sua poesia intreccia appunto mondi diversi, in essa si mescolano diverse culture : se non è difficile sentire echi di un Verlaine, di un Laforgue e anche di un Valery, o imbattersi in immagini che fanno pensare al surrealismo francese , come quella del “puledro blù”, è altrettanto presente la suggestione di una tradizione araba , con le immagini ariose del deserto, del vento , delle fonti, dei fiori – la rosa - e soprattutto il senso di contemplazione che la connota. Ma quello che soprattutto interessa a Najar è arrivare a spogliare il linguaggio fino a farne uno strumento essenziale in cui ogni parola si stagli in una compiutezza assoluta. Perciò non solo egli ha pubblicato poco, ma le sue sono anche poesie solitamente brevi ( e quasi sempre senza titolo: “kasada” significa semplicemente“poesia”) al punto che molte ricordano gli haiku. Come negli haiku, circoscrivono spesso un’ immagine della natura, una sensazione o un sentimento sottile, ricreano sulla pagina il senso di un mondo cosmico in cui l’uomo può continuare a iscriversi armonicamente, in cui il volger del giorno e della notte continua a essere analogo a quello della vita e della morte, della gioia e del dolore. In questo ritmo ciclico anche la solitudine umana si stempera, trova un senso in se stessa, si compone nella bellezza della parola poetica che la strappa al silenzio e insieme la sublima, eludendo alla fine il tragico nella malinconica dolcezza del canto. La ricerca di un’immagine di bellezza espressa con il massimo di essenzialità, e cioè il più vicino possibile al margine del silenzio è la consolazione del poeta, e la chiave di questa poesia così ben situata fra tradizione antica e inquietudine moderna, in cui quasi ogni figura può essere letta nei due sensi. E la metafora lascia il posto a un’immagine emblematica, alla fine stilizzata, com’è della tradizione araba, calligrafica e astratta a partire dal dato naturale, e com’è anche in una tradizione ancora più antica, quella che si può ammirare negli straordinari mosaici di epoca tardo imperiale sopravvissuti alla rovina dell’antica città romana sorta sull’ancora più antica Cartagine , accanto alla moderna Tunisi.
Kasida
Dentro la città, ne sono certo, c’è
una via deserta
e tu seduta alla finestra
dove ricami i tessuti della tristezza e della morte
dove ogni sera attendi
una lettera che non arriva
e tu piangi
dentro la città, ne sono certo
Kasida
Quello che odo la notte è il mare
sono le farfalle contro le finestre
le piogge autunnali
sopra il tetto
e anche quel mare che un tempo saliva a colmare gli specchi
e dilagava
oltre gli argini
oltre i grandi portali
questa eterna tristezza
Kasida
Una stella illumina il mio letto
oh gallo d’acqua!
Era un mercoledì delle ceneri
esercizi di calligrafia sul quaderno di scuola
un puledro blù
pascola nel mio sonno le estati
di Damasco
Alfabeto
Che sbocci la rosa del silenzio
l’oro del tempo
e l’alfabeto delle cose
Kasida
1
Dopo mezzanotte
passano i pastori diretti al sud
passa una mosca
dalla mia finestra
2
Non c’è sorgente nel cortile
della mia casa
né onda nel mare
e io, intirizzito come un orso
3
La mia bambola è nella rada
la mia estate è senza insetti
e io, votato alla polvere
4
Mi hanno rubato l’infanzia e la follia
hanno rubato il vento ai bauli
colmi dei miei abiti
e alle porte del Sud
hanno rubato il gracidio delle rane
e gli specchi di mia madre
5
Dove va la notte
quando spuntano sui muri
le luci del giorno?
Kasida
Tutte le gazzelle che ho amato, un giorno
attraverseranno l’arcobaleno
Kasida
La notte
sento risuonare il respiro del mondo
fin nel sospiro di un uomo a Bombay
La notte
sento
scalpitare gli zoccoli dei grandi cavalli
che attraversano il regno di Francia
Kasida
Ancora e ancora canterò
il vento venuto dal mare
la soglia della casa
e il silenzio dei giorni
Kasida
Non cercherò il gelsomino nel mare
cercherò il tuo viso
nella memoria
Kasida
Estate dammi
mari e farfalle
e finestre spalancate
dammi
la frescura dell’ombra, quella dei pozzi
e una stella
Kasida
Urano è votato all’oscurità
cinquemila uccelli nelle steppe
Kasida
Chi si ricorda più del poema
e dei piatti di alluminio
La Mauritania è colore dell’oscuro
Kasida
O rosso fiore del pruno
abbandonato lungo il cammino
Kasida
E io ritorno dal viaggio alla vecchia casa.
Le cose riacquistano il loro vecchio sapore
e un silenzio triste.
Di notte camminerò sotto le finestre
della mia amata
come trascorre l’autunno
perché il vento riporta
l’amarezza dei giorni
soffia via la sabbia
dalle parole che furono dette
quando mi vedesti la prima volta